martedì 29 aprile 2008

Dico... non dico... sottintendo...

In altri tempi, in altri luoghi, capitava, a volte, di non poter esprimere liberamente il proprio pensiero.
In questi tempi, in questi luoghi, persone d'ingegno, ogni giorno, alzavano la penna e, animate da profondi ideali, cercavano la strada giusta per toccare i cuori sensibili senza incorrere nella censura.

Leopardi, che, come è noto, fu uomo di grandi talenti, per una specie di equilibrio cosmico al destino che l'aveva generato tanto sapiente, doveva sostenere tre tribunali d'inquisizione: la famiglia (nella persona del padre), lo Stato Pontificio e il dominatore austriaco.
A volte, poiché pochi nemici producono poca gloria, l'Illustre si beava di infastidire anche i francesi, così, per una par condicio ante litteram.
Il giovane conte era animato da forti passioni e il suo status, via, l'aveva reso anche un po' incosciente. Così, gli accadeva, in momenti di grande pathos storico, non solo di produrre testi evidentemente liberali (così liberali che gli unici a non capirli erano proprio i liberali), ma anche di dedicarli in giro ad amici e conoscenti.
I quali, per carità, la prendevano sempre molto bene e per nulla intimoriti dall'idea di essere legati a canzoni di ispirazione patriottica quali: All'Italia, vivevano serenamene il grande onore che veniva loro attribuito imprecando in rigoroso silenzio.

Ma il giovane Giacomo, si sa, era oltre.
Lo è stato in tutto!
E mentre quel povero cristo di Manzoni, per sopravvivere, doveva recitare (come dicevano gli amici) la parte del "minchione", il Leopardi si gettava verso la censura a braccia aperte, come fosse una delle tante sfide intellettuali che ai grandi piacciono.
E se All'Italia non aveva avuto molta fortuna e nemmeno: Sopra il monumento di Dante, la colpa doveva per forza essere di quei titoli un po' ingombranti.
Ad Angelo Mai suonava senz'altro meglio. Anche Monaldo ne convenne.
Quale migliore persona per dedicare un canto?
Giacomo ne fu ben lieto. Sapeva forse il padre quanto fosse facile per lui parlare di patria anche attraverso un sasso? Ma queste confidenze, il contino, le faceva solo agli amici fidati (l'VIII pensiero non l'aveva scritto mica a caso!).
Lo Stato Pontificio, dal suo canto, aveva ben altri pensieri e corruzioni da osteggiare. Il pedigree del fanciullo era di tutto rispetto. Da tale padre poteva forse crescere un figliolo polemico e liberale? E così toccò a quei disgraziati di austriaci occuparsi di quel ragazzo di provincia così pericoloso.
Loro che seppero comprenderlo meglio di alcuni suoi amici. Che tanto spirito liberale colsero nei suoi versi. Tanta passione, tanta spinta rivoluzionaria.
Ahhh... arguti dominatori!
Questi che non potevano essere nominati e che si nominavano quelli per questi, ma anche no!

Sempre le persone sbagliate colgono i giusti significati! Disdetta!

Altri tempi, altri luoghi.
Oggi tutto questo ci è così lontano...

[...] Di noi serbate, o gloriosi, ancora
Qualche speranza? in tutto
Non siam periti? A voi forse il futuro
Conoscer non si toglie. Io son distrutto
Nè schermo alcuno ho dal dolor, che scuro
M'è l'avvenire, e tutto quanto io scerno
E' tal che sogno e fola
Fa parer la speranza. Anime prodi
Ai tetti vostri inonorata, immonda
Plebe successe; al vostro sangue è scherno
E d'opra e di parola
Ogni valor; di vostre eterne lodi
Nè rossor più nè invidia; ozio circonda
I monumenti vostri; e di viltade
Siam fatti esempio alla futura etade.
[...]

marzia.elle

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